CHE COSA SIGNIFICA STUDIARE BENE?

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Studiare è imparare, lasciarsi attraversare dal testo, ma per studiare “bene” non basta leggere, né solo ricordare, né è sufficiente aver capito l’argomento.

Per diventare uno studente di successo è infatti necessario avere buone abilità organizzative, motivazionali e metacognitive, di elaborazione personale del materiale di studio e flessibilità nella scelta delle strategie più opportune.

Occuparsi dei problemi incontrati dai ragazzi nello studio significa quindi insegnare buoni metodi e strategie, ma anche prendersi cura degli atteggiamenti che essi sviluppano nel lavoro con i testi e delle influenze esercitate dallo stile di insegnamento.

Nonostante rappresentino competenze di natura trasversale di importanza cruciale per il successo scolastico, solo recentemente si è iniziato a ritenere le abilità di studio suscettibili di essere insegnate in ogni disciplina e grado scolastico. Tale discorso rimanda quindi all’importanza di una promozione delle abilità di studio e alla necessità di progettare dei momenti finalizzati al loro potenziamento.

Premesse che risultano particolarmente pregnanti quando il focus della nostra attenzione è rivolto specificamente ad allievi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

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Occuparsi di studenti con DSA significa essere consapevoli che, nel percorso volto a supportarli, non bastano una diagnosi e un iter riabilitativo, ma è necessaria innanzitutto una presa in carico delle abilità di studio che sia volta a potenziarle e renderle più efficaci e motivanti. Come sottolineano Cornoldi  e coll. (2010),il primo strumento compensativo per uno studente con DSA è un buon metodo di studio”. Senza quest’ultimo, infatti, qualsiasi strumento, anche quello più avanzato dal punto di vista tecnologico, non sarà sufficiente a compensare un DSA e a rendere concreta la possibilità di apprendere.

La ricerca psicologica ed educativa ha infatti dimostrato che nello studio sono implicate variabili molteplici e di vario tipo: cognitivo, metacognitivo, emotivo e di personalità (De Beni, Carretti, Moè e Pazzaglia, 2008). Esse giocano un ruolo decisivo per esempio negli allievi dislessici, che mostrano difficoltà ricorrenti nello studio, spesso dovute all’influenza esercitata da fattori motivazionali ed emotivi. Gli studenti con DSA in  generale, a causa delle difficoltà nella decodifica del testo, vanno spesso incontro a insuccessi precoci nello studio, che mortificano l’insieme delle prestazioni scolastiche e inducono a un’immagine di sé come studente di basso profilo.

Una recentissima ricerca, volta a indagare la motivazione e l’atteggiamento verso lo studio degli allievi con DSA (Cisotto e Barbera, 2013), ha mostrato che tali studenti tendono ad adottare un atteggiamento orientato alla prestazione: mirano, infatti, a dimostrare le loro abilità, a celare scrupolosamente le proprie lacune e a ottenere risultati positivi. Risultano invece poco propensi a lavorare per imparare dai propri insuccessi  e per migliorare attività e processi di apprendimento.

Appare quindi evidente che insegnare strategie e atteggiamenti per auto-guidare lo studio è di cruciale importanza per la buona riuscita delle attività scolastiche, data la frequente propensione, da parte di questi studenti, e che è stata riscontrata anche nello studio appena citato (Cisotto e Barbera, 2013), a sviluppare nel tempo scarsa fiducia nelle proprie capacità e a ricorrere a strategie di lavoro poco efficaci.

Un’ulteriore recente ricerca (Mehrnoosh, Carola e Fusi, 2013) è stata condotta con bambini e ragazzi con DSA all’interno di un percorso di laboratorio settimanale, della durata complessiva di 4 mesi, in cui gli studenti con DSA venivano seguiti nello studio e nello svolgimento dei compiti, potenziando le loro abilità di studio e prestando attenzione alla sperimentazione degli strumenti compensativi, individuando quelli più adatti a ogni singolo studente e valorizzandone i punti di forza. I risultati ottenuti hanno mostrato che, al termine del percorso, i ragazzi sono maggiormente in grado di valutare in modo autonomo le difficoltà del compito per scegliere la strategia più idonea per affrontarlo.

Appare quindi evidente l’importanza di una sensibilizzazione sul tema affrontato già a partire dalla scuola primaria al fine di aiutare i bambini, sin dai primi anni scolastici, a potenziare le abilità di studio e i processi metacognitivi, prima che modalità inefficaci di approccio allo studio si radicalizzino, con il conseguente sviluppo di modalità cognitive di inflessibilità e demotivazione nei confronti della scuola e dell’apprendimento.

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